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Regolazione digitale e sanzioni, il caso Ahmed arriva in tribunale

Sanzioni Usa contro attivisti europei, la battaglia sulla disinformazione arriva davanti ai giudici

Regolazione digitale e sanzioni, il caso Ahmed arriva in tribunale

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Ong, social media e politica, il conflitto sulla governance del digitale entra in una fase critica

La battaglia sulla regolamentazione del settore tecnologico si sposta dai tavoli politici alle aule giudiziarie. Al centro della vicenda c’è Imran Ahmed, cittadino britannico e figura di primo piano nel dibattito europeo su una maggiore supervisione delle grandi piattaforme digitali, che ha deciso di citare in giudizio l’amministrazione di Donald Trump negli Stati Uniti.

Una causa contro l’amministrazione americana

Secondo quanto riportato negli atti depositati presso un tribunale di New York, Imran Ahmed teme conseguenze gravi per la propria libertà personale. Nella denuncia si parla esplicitamente del rischio di “arresto incostituzionale, detenzione punitiva ed espulsione”, in un contesto che viene descritto come sempre più ostile nei confronti di chi sostiene regole più stringenti per il mondo digitale.

Il ruolo del Center for Countering Digital Hate

Al centro della contestazione c’è l’attività del Center for Countering Digital Hate, l’organizzazione non governativa fondata e guidata da Ahmed. Secondo il documento legale, “il governo federale ha chiarito che Ahmed è soggetto a sanzioni” proprio per il lavoro svolto dalla Ong, considerato scomodo per alcuni interessi economici e politici legati al settore tecnologico.

Le critiche alle grandi piattaforme

Il Center for Countering Digital Hate si occupa di analizzare le politiche delle principali piattaforme di social media, con particolare attenzione alla diffusione di disinformazione e incitamento all’odio online. Negli anni, il centro ha più volte denunciato le pratiche di X, già Twitter, la piattaforma riconducibile al network di Elon Musk, attirando reazioni forti e prese di posizione contrastanti.

Sanzioni anche per altri esponenti europei

Il caso di Ahmed non è isolato. Gli Stati Uniti hanno infatti esteso le sanzioni anche ad altri rappresentanti di Ong europee impegnate nella lotta alla disinformazione. Tra questi figurano Clare Melford del Global Disinformation Index, Anna-Lena von Hodenberg e Josephine Ballon dell’organizzazione tedesca HateAid. Un segnale che indica un approccio più ampio e sistematico verso questo tipo di attività.

Il coinvolgimento di Thierry Breton

Nella lista delle persone colpite dalle sanzioni compare anche Thierry Breton, ex commissario europeo per gli Affari digitali. Un nome che rafforza il peso politico della vicenda e che evidenzia come lo scontro non riguardi solo singoli attivisti, ma investa direttamente il rapporto tra Unione Europea e Stati Uniti sulla governance del digitale.

Un conflitto che va oltre il singolo caso

La causa intentata da Imran Ahmed apre interrogativi più ampi sul futuro della regolamentazione tecnologica e sui confini tra sicurezza nazionale, libertà di espressione e controllo delle piattaforme digitali. Al di là dell’esito giudiziario, il caso rappresenta un nuovo capitolo di uno scontro globale che coinvolge governi, grandi aziende tecnologiche e società civile.


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26 Dicembre 2025
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