Si tende a pensare che il divario digitale riguardi soprattutto le aree rurali o i Paesi meno sviluppati. I dati più recenti raccontano invece una realtà diversa e, per certi versi, più scomoda. Anche nelle nazioni con il Pil più alto del pianeta, milioni di persone restano escluse dalla connessione, spesso vivendo proprio nei grandi centri urbani, simbolo della modernità tecnologica.
Un divario che attraversa le economie più forti
Secondo uno studio della Wireless Broadband Alliance, nelle otto nazioni più ricche del mondo circa 1,75 miliardi di persone non risultano connesse alla rete. Un dato che colpisce ancora di più se si considera che una persona su tre vive in grandi città, dove infrastrutture e servizi digitali dovrebbero essere più accessibili. Numeri che mettono in discussione l’idea di un progresso tecnologico uniforme e inclusivo.
I Paesi e i numeri della disconnessione
Tra gli Stati analizzati emergono differenze significative ma un problema comune. Negli Stati Uniti i non connessi sono 78,4 milioni, pari al 24% della popolazione. Seguono il Regno Unito con 8,4 milioni (13%) e la Germania con 10,7 milioni (13%). La situazione è ancora più marcata in Russia (39,3 milioni, 27%), Giappone (20,2 milioni, 16%), India (853 milioni, 68%), Cina (649 milioni, 47%) e Brasile (90,6 milioni, 43%). Dati che mostrano come il problema non sia marginale, ma strutturale.
Le grandi città non sono immuni
Il divario digitale si manifesta con forza anche nelle metropoli. Delhi e San Paolo risultano tra le città con il maggior numero di cittadini non connessi, rispettivamente 5,3 milioni (29%) e 4,3 milioni (36%). Sul fronte opposto, città come Londra mostrano percentuali più contenute, con solo il 7% di popolazione non connessa, mentre a New York la quota sale al 19% e a Mosca al 17%. Anche nei contesti più avanzati, quindi, la connessione resta un privilegio non scontato.
Oltre i luoghi comuni sul digitale
Come osserva il professor Mauro Masi, delegato italiano alla proprietà intellettuale, “la mancanza di connessione con la rete non è un problema che riguarda esclusivamente le aree rurali e i Paesi in via di sviluppo”. Al contrario, è una questione che coinvolge pienamente anche le economie più industrializzate, smentendo una narrazione semplificata del progresso tecnologico.
Dall’iPhone alla società dello status
Sono passati quasi 19 anni da quando Steve Jobs, nel gennaio 2007, presentò l’iPhone affermando “This will change everything”. Una frase che, col tempo, si è rivelata tutt’altro che esagerata. Oggi si contano circa 1 miliardo di utenti attivi di iPhone nel mondo. Nonostante la forte concorrenza dei produttori basati su Android, come Samsung, Xiaomi, Oppo e Vivo, Apple mantiene una posizione dominante nel segmento degli smartphone premium, con oltre il 52% del mercato.
Tecnologia, status e nuove disuguaglianze
Il successo dell’iPhone non è legato solo alla tecnologia. È diventato uno status symbol, un esempio di quello che gli economisti definiscono bene di Veblen, ovvero un prodotto la cui domanda cresce con l’aumento del prezzo perché rappresenta un segno di distinzione sociale. I segni di status non seguono le mode, le creano. In questo contesto, il paradosso diventa evidente: mentre i dispositivi più avanzati definiscono l’appartenenza sociale, milioni di persone restano ancora escluse dalla connessione di base, anche nel cuore delle città più ricche.
23 Dicembre 2025
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