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Un augurio semplice, pensare al 2026 come se fosse possibile

Dal 31 dicembre uno sguardo al futuro, sperare in un 2026 più umano non è solo utopia

Un augurio semplice, pensare al 2026 come se fosse possibile

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Immaginare un anno senza guerre e con più consapevolezza, un augurio semplice ma necessario

Il 31 dicembre 2025 è uno di quei giorni sospesi, in cui il tempo sembra rallentare e le parole pesano un po’ di più. È il momento in cui si guarda indietro, ma soprattutto avanti. E allora, ai pochi lettori che ogni giorno scelgono di leggere, riflettere e fermarsi un attimo, nasce il desiderio di fare un augurio diverso, forse ingenuo, sicuramente sincero.

Un anno fatto solo di notizie belle

Immaginare un 2026 fatto di sole notizie positive sembra quasi un esercizio di fantasia. Eppure è da qui che tutto dovrebbe iniziare. Un anno in cui aprire un giornale non significhi prepararsi al peggio, ma scoprire storie di progresso, di rispetto, di umanità. Utopia? Probabilmente sì. Ma anche le utopie servono, perché indicano una direzione.

La fine delle guerre come punto di partenza

Pensare a un mondo senza conflitti oggi appare lontano, quasi irraggiungibile. Eppure continuare a sperarlo è un atto necessario. Un 2026 in cui le guerre finiscano non è solo un desiderio astratto, ma un bisogno collettivo. “La pace non fa rumore”, si dice spesso, ma è proprio quel silenzio che meriterebbe di essere ascoltato.

Sostenibilità come parola chiave dell’anno

C’è una parola che più di tutte dovrebbe guidare il futuro: sostenibilità. Non come slogan, ma come scelta quotidiana. Sostenibilità ambientale, sociale, economica. Un 2026 in cui questa parola smetta di essere una moda e diventi un criterio reale per decidere, produrre, consumare e convivere.

Rallentare, capire, scegliere meglio

Forse il vero augurio è imparare a rallentare. A distinguere ciò che è urgente da ciò che è importante. A dare valore alle relazioni, al tempo, alle parole. Un anno in cui la fretta lasci spazio alla consapevolezza e in cui l’informazione torni a essere uno strumento per capire, non solo per reagire.

Utopia sì, ma necessaria

Sì, è un’utopia. Ma è anche un atto di resistenza gentile continuare a immaginare un futuro migliore. Perché senza immaginazione non esiste cambiamento. E allora ci piace pensarlo, dirlo e sperarlo: un 2026 più umano, più giusto, più attento. Anche se sembra lontano, vale comunque la pena guardare in quella direzione.

Luigi Canali
Fondazione premio Antonio Biondi


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31 Dicembre 2025 © Luigi Canali
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