L’idea che un tumore particolarmente aggressivo possa essere reso più vulnerabile prima ancora dell’intervento chirurgico sembra quasi fantascienza. E invece la ricerca sta andando proprio in questa direzione. Diversi centri internazionali stanno esplorando approcci che amplificano la risposta immunitaria prima della rimozione del melanoma, e tra questi spicca un nuovo studio avviato a Napoli che punta a trasformare il modo in cui affrontiamo una delle forme di cancro della pelle più pericolose.
Un approccio neoadiuvante che cambia il paradigma
All’Istituto Pascale di Napoli è partito un progetto che mira a utilizzare un “booster” immunitario prima dell’intervento chirurgico. L’obiettivo è semplice e ambizioso allo stesso tempo: stimolare una reazione immunitaria intensa e mirata contro il melanoma quando il tumore è ancora presente e rilevabile dal sistema immunitario. Questo tipo di approccio neoadiuvante sta guadagnando attenzione perché, come dimostrano diversi studi internazionali, il corpo sembra reagire meglio quando la minaccia è ancora visibile all’organismo.
La collaborazione tra ricerca e innovazione
Il progetto nasce dalla sinergia tra la biotech canadese Medicenna e la Fondazione Melanoma Onlus, che hanno dato vita allo studio Neo-Cyt. Un’iniziativa che riunisce competenze scientifiche, sperimentazione clinica e una visione condivisa: rendere il melanoma più sensibile all’attacco immunitario. È un esempio concreto di come la collaborazione internazionale nel campo della immunoterapia oncologica possa accelerare la transizione da teoria a cura.
Mdna11, una molecola pensata per colpire con precisione
Al centro dello studio c’è Mdna11, una forma ingegnerizzata della storica Interleuchina-2. L’Il-2 è nota da tempo per la sua capacità di attivare il sistema immunitario, ma anche per i suoi effetti collaterali, spesso difficili da gestire. Con Mdna11 si tenta un salto di qualità: la molecola è progettata per stimolare selettivamente due componenti fondamentali della risposta antitumorale, le cellule T Cd8+ e le cellule Natural Killer. Attivare proprio questi “soldati scelti” potrebbe tradursi in un attacco più efficace e, soprattutto, più sicuro per il paziente.
Melanoma avanzato, perché serve un cambio di strategia
La ricerca negli ultimi anni ha mostrato qualcosa di significativo: quando un’immunoterapia viene somministrata prima dell’intervento, frequentemente genera risultati migliori rispetto al trattamento post-operatorio. Questo perché il microambiente tumorale ancora intatto permette al sistema immunitario di “vedere” meglio il nemico. Il melanoma al terzo stadio, in particolare, spesso recidiva entro due anni, nonostante chirurgia e terapie adiuvanti. Per questo gli oncologi stanno guardando con grande interesse a strategie che possano ridurre questo rischio.
Lo studio del Pascale e la guida di Paolo Ascierto
A seguire lo studio è Paolo Ascierto, una delle figure più autorevoli nel campo dell’oncologia e dell’immunoterapia. Nel contesto del Melanoma Bridge e dell’Immunotherapy and Melanoma Bridge, Ascierto ha evidenziato come l’arruolamento dei pazienti sia già in corso e come l’obiettivo sia testare Mdna11 in combinazione con immunoterapici già consolidati. L’ipotesi alla base del trial è che una risposta immunitaria più forte e completa possa eliminare non solo il tumore visibile, ma anche quelle micro-metastasi che sfuggono ai test diagnostici.
Una possibile svolta nel trattamento del melanoma
Se i risultati confermeranno le aspettative, questo approccio potrebbe diventare un nuovo standard terapeutico. La possibilità di “preparare” il sistema immunitario prima di un intervento potrebbe migliorare significativamente l’outcome dei pazienti con melanoma avanzato, riducendo il rischio di recidiva e aumentando le probabilità di controllo a lungo termine della malattia. È un passo che va oltre la semplice innovazione farmacologica: rappresenta un modo completamente nuovo di pensare alla cura del melanoma.
06 Dicembre 2025
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