L’economia del mare in Italia non è più solo un settore di nicchia, ma un motore strategico per l’intero Paese. I numeri lo dimostrano: il valore complessivo ha superato i 216 miliardi di euro, con un impatto diretto di oltre 76 miliardi e un’incidenza pari all’11,3% del Pil nazionale. Un salto significativo rispetto al 2024, quando il contributo si fermava al 10,2%. Con oltre 230mila imprese e più di un milione di lavoratori, il comparto cresce a un ritmo che nessun altro settore riesce oggi a mantenere.
Il ruolo delle regioni del Sud
Secondo il ministro Nello Musumeci, il mare rappresenta una risorsa ancora poco valorizzata, soprattutto dal punto di vista culturale. Nonostante i quasi 8mila chilometri di coste, l’Italia fatica a definirsi una nazione marinara. Proprio nelle regioni del Sud si registra oggi la crescita più significativa, grazie alle otto filiere dell’economia blu. Il Mediterraneo torna al centro delle politiche di governo con il Piano del mare, un nuovo strumento di programmazione voluto dall’esecutivo.
Porti più moderni e sostenibili
I porti italiani sono la chiave per competere a livello internazionale, ma hanno bisogno di interventi mirati. Le sfide principali riguardano la modernizzazione delle infrastrutture, il rafforzamento dell’intermodalità e la riduzione dell’impatto ambientale. Fondamentale l’impiego dei fondi Pnrr per trasformare i porti in veri hub energetici, grazie all’elettrificazione delle banchine e all’introduzione di combustibili alternativi come Gnl, idrogeno e biofuel. Parallelamente, la digitalizzazione dei processi doganali e logistici, unita alla connettività 5G, è indispensabile per garantire efficienza e sicurezza.
Il trasporto marittimo tra sfide e opportunità
Il trasporto marittimo resta un asset centrale per l’Italia, ma le regole attuali non bastano più. Strumenti come Registro Internazionale e Tonnage Tax devono essere affiancati da una semplificazione normativa e da politiche che bilancino sostenibilità e competitività. La decarbonizzazione dello shipping richiede carburanti ancora poco disponibili e normative armonizzate a livello globale. Nel diporto nautico, invece, l’eccessiva burocrazia spinge molte imbarcazioni a rinunciare alla bandiera italiana. Urgente un quadro normativo più snello per rilanciare il settore.
Formazione e manodopera specializzata
Il mercato richiede nuove competenze, ma la manodopera qualificata scarseggia. È necessario rafforzare gli Its e i corsi universitari, puntando su profili capaci di gestire la transizione energetica e digitale. Giovani preparati in logistica avanzata, lingue e tecnologie sostenibili possono diventare la risorsa più preziosa per un settore che rischia di fermarsi senza adeguato ricambio generazionale. Incentivi mirati per chi assume nuove leve e un maggiore dialogo tra imprese e istituzioni sono la chiave per ridurre il divario.
La cantieristica navale e il ritardo tecnologico
Nonostante la leadership italiana nella produzione di navi da crociera, il settore soffre per la mancanza di bacini moderni e per regole europee che hanno frenato gli investimenti statali. Molti cantieri italiani operano ancora con tecniche poco automatizzate, mentre i competitor esteri costruiscono traghetti in tempi record. L’Italia deve recuperare terreno investendo in innovazione tecnologica e infrastrutture di nuova generazione.
Il Piano Mattei e lo scenario geopolitico
Il futuro dell’economia del mare è legato anche alle relazioni internazionali. Il Piano Mattei rafforza il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo, con uno sguardo rivolto all’Africa, che detiene gran parte delle risorse energetiche e minerarie del futuro. La geopolitica, insieme alla trasformazione delle supply chain globali, ridisegna i rapporti tra imprese, autorità portuali e governi. In questo contesto, il rinnovamento delle infrastrutture italiane diventa imprescindibile: non si può competere se i nostri porti non sono collegati alle reti ferroviarie o se i bacini restano troppo piccoli per le grandi navi.
08 Settembre 2025
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