In Italia, il 78% delle aziende è alla ricerca di nuove risorse, ma fatica a trovare candidati con le competenze adeguate. Si tratta del valore più alto mai registrato nel Paese, a testimonianza di un divario sempre più marcato tra le esigenze del mercato del lavoro e le qualifiche disponibili. I settori più colpiti sono quelli dei trasporti, logistica e automotive, della sanità e life sciences e dell’industria e materiali, con una crescente domanda di competenze digitali e tecnologiche.
A evidenziare questa situazione è il rapporto "Talent Shortage" di ManpowerGroup, che ha intervistato oltre 40.000 datori di lavoro in 42 paesi. A livello globale, il 74% delle aziende segnala difficoltà di assunzione, ma l’Italia supera questa media, posizionandosi tra i Paesi con le maggiori criticità.
Il confronto con il resto d’Europa
Analizzando il fenomeno su scala europea, il dato italiano risulta meno drammatico rispetto a quello della Germania, dove l’86% delle aziende segnala carenze di personale, il valore più alto al mondo. Francia e Regno Unito si attestano invece al 76%, mantenendosi in linea con l’Italia. Tra i Paesi con minori difficoltà si distingue la Polonia, con un talent shortage fermo al 59%, uno dei valori più bassi registrati.
Secondo Anna Gionfriddo, amministratrice delegata di ManpowerGroup Italia, il rapido sviluppo tecnologico, la diffusione dell’intelligenza artificiale e la transizione ecologica stanno trasformando il mondo del lavoro a una velocità tale da creare un disallineamento tra le competenze richieste e quelle disponibili.
I settori più colpiti dalla carenza di talenti
Le aziende del settore trasporti, logistica e automotive sono quelle che segnalano il maggiore fabbisogno di personale qualificato, con un 84% di difficoltà di assunzione, ben 10 punti percentuali sopra la media globale. A seguire, la sanità e il settore life sciences (83%, +6% rispetto alla media mondiale) e l’industria e materiali (82%, +9%).
Anche altri comparti lamentano un elevato mismatch tra domanda e offerta di lavoro:
• Beni di consumo e servizi: 77%
• IT, finanza e immobiliare: 75%
• Energia e utilities: 71%
• Telecomunicazioni: 70%
La problematica è particolarmente marcata nelle imprese di medie e medio-grandi dimensioni. Le aziende con 50-249 dipendenti segnalano un tasso di carenza dell’82%, mentre per quelle con 250-999 dipendenti il dato è del 79%. La situazione migliora nelle grandi imprese (1000-4999 dipendenti) con il 70%, mentre nelle realtà oltre i 5000 dipendenti la percentuale si attesta al 74%.
Le competenze più richieste
Il settore digitale continua a essere quello più critico: un datore di lavoro su quattro (24%) segnala difficoltà nel reperire profili con competenze informatiche. A seguire, il 18% delle aziende lamenta la mancanza di figure nell’amministrazione, mentre il 17% riscontra carenze nelle competenze legate alla manifattura, logistica, front-office e gestione del cliente.
Le strategie per colmare il divario
Le aziende stanno cercando di colmare il gap adottando diverse strategie. La soluzione più adottata è l’upskilling e il reskilling del personale già in forza, scelta dal 22% delle organizzazioni. Altri approcci includono:
• Maggiore flessibilità su luoghi e orari di lavoro: 17%
• Aumento dei salari per attrarre nuovi talenti: 16%
• Ricerca di nuovi talenti esterni: 15%
• Incremento del personale temporaneo: 15%
• Automazione e utilizzo di IA per ridurre il fabbisogno di personale qualificato: 14%
• Riduzione delle competenze richieste per le posizioni aperte: 9%
Queste misure, tuttavia, non sono sufficienti a risolvere il problema nel breve termine. L’evoluzione del mercato del lavoro richiede un adeguamento delle competenze e una maggiore collaborazione tra imprese, istituzioni e sistema formativo per affrontare una sfida sempre più complessa.
13 Febbraio 2025
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