Nel quartiere romano di Tor Marancia, da anni trasformato in un vero museo a cielo aperto, un nuovo intervento artistico cattura l’attenzione dei passanti. Si tratta di Nurturing Hope, imponente murale firmato dall’artista Alice Pasquini, che dedica quest’opera al tema della fragilità umana, della resilienza e del coraggio di chi è costretto a ricominciare altrove. Un inno visivo alla speranza, pensato per raccontare la realtà dei rifugiati attraverso un linguaggio immediato e universale: quello dell’arte.
Un’opera monumentale nel cuore della street art romana
Il nuovo murale si estende per oltre quindici metri sulla facciata di un palazzo del quartiere, un colosso di colori che si inserisce in uno degli spazi urbani più iconici di Roma. Il progetto nasce all’interno di Echoes of resilience, iniziativa internazionale promossa dall’Unhcr e dall’Unione Europea per valorizzare l’accoglienza, la solidarietà e la ricostruzione di una vita nuova dopo lo sradicamento.
L’opera sarà inaugurata il 3 dicembre alla presenza dei rappresentanti istituzionali e con il patrocinio del Municipio VIII di Roma, a sottolineare il valore culturale e sociale dell’iniziativa.
La cura come gesto quotidiano
Nel dipinto di Alice Pasquini, due bambini diventano il simbolo della delicatezza e della forza interiore. La bambina regge una piccola pianta e la porge al bambino seduto su una valigia, oggetto che diventa metafora di un passato lasciato alle spalle. Attorno a loro, sullo sfondo, compaiono le tende utilizzate nei campi per rifugiati.
I colori scelti – toni caldi di giallo e blu – accentuano l’idea di dignità e di rinascita. Come afferma l’artista, la street art è per natura un’arte sociale, capace di portare nelle strade emozioni, fragilità e storie quotidiane. "Questo dipinto vuole evocare cura e speranza in una scena familiare piena di aspettative", spiega Pasquini, sottolineando come ogni gesto rappresentato sia pensato per restituire umanità e vicinanza a chi ha dovuto abbandonare la propria casa.
Raccontare la memoria e guardare al futuro
Secondo Pasquini, il progetto dell’Unhcr offre ai popoli costretti alla fuga la possibilità di una nuova accoglienza senza rinunciare alla propria memoria. Creare un’immagine che riuscisse a comunicare un messaggio così complesso non era semplice: serviva un simbolo capace di ispirare un nuovo inizio senza nascondere il peso del viaggio e della perdita.
Il risultato è un’opera che parla con dolcezza ma con grande fermezza: la speranza, come una pianta fragile, cresce solo se qualcuno ha il coraggio di proteggerla.
Un viaggio artistico che attraversa l’Europa
Il murale romano è parte di una serie realizzata simultaneamente in tre grandi città europee. Oltre a Nurturing Hope, prendono vita The Extra Mile di Mahn Kloix a Parigi e Resilient Roots di Peter Skensved a Copenaghen.
Tre opere diverse, tre sguardi distinti, ma un filo comune: mostrare come i rifugiati non siano solo sopravvissuti allo sfollamento, ma veri protagonisti nella costruzione di nuove comunità.
Come ricorda una nota dell’Unhcr, "l’arte unisce le persone, ci aiuta a comprendere percorsi diversi e ad abbattere barriere". Un messaggio potente, soprattutto in un’epoca in cui le migrazioni continuano a segnare il destino di milioni di individui.
Tor Marancia, un quartiere che parla attraverso i muri
Il quartiere torna così al centro della scena culturale romana, confermando il suo ruolo di laboratorio creativo a cielo aperto. Ogni nuovo murale aggiunge un tassello a una narrazione collettiva che vede l’arte urbana come strumento di inclusione, memoria e partecipazione. Nurturing Hope non è solo un’opera da guardare, ma una storia da ascoltare: quella di chi ha perso tutto e continua, nonostante tutto, a coltivare speranza.
02 Dicembre 2025
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